Quando si tratta di nutrire il proprio animale domestico, grande attenzione deve essere riposta alla qualità di quello che forniamo al nostro piccolo grande amico. E, dunque, prendendo spunto da una recente analisi, val forse la pena concentrarsi sulla risposta a una domanda “eterna”: è meglio il cibo in scatola o quello preparato a casa?
La risposta potrebbe essere abbastanza sorprendente. Stando alle dichiarazioni della stragrande maggioranza dei veterinari (l’85%) il pet food sarebbe decisamente migliore rispetto alle diete casalinghe. La rilevazione è stata effettuata con l’indagine conoscitiva condotta su veterinari presentata al congresso “Quando il clinico incontra il nutrizionista. La dieta come strumento di gestione delle principali patologie degli animali da compagnia” della Scivac (Società culturale italiana veterinari per animali da compagnia).
L’indagine mostra peraltro una progressione positiva rispetto alla scorsa edizione, con un dato che è incrementato rispetto al precedente 79,4%.
In particolare, alla domanda se “le materie prime utilizzate per la produzione del ‘pet food’ sono sicure da un punto di vista sanitario”, la percentuale di veterinari che si è dichiarata d’accordo o molto d’accordo è risultata del 62%, mentre quella in disaccordo si ferma all’11%.
Il raccomanda, in assenza di specifiche patologie, raccomanda per il 95% alimenti secchi supportati da informazione scientifica, e raccomanda il pet food nell’83% dei casi quando si tratta di alimenti umidi. La percentuale in favore delle preparazioni casalinghe è di contro molto bassa, perché – fondamentalmente – i veterinari le ritengono inadeguate sia per gli aspetti di formulazione sia perché è difficile che il proprietario dell’animale riesca a mantenere l’impegno qualitativo e temporale che richiedono.
In particolare, l’errore più comune (93,8%) è la somministrazione di quantità improprie di cibo: il proprietario tende infatti a dare da mangiare troppo al proprio animale domestico, generando le basi per l’obesità e per determinanti di altre diverse patologie. Al secondo posto con una percentuale del 92,53% i medici veterinari evidenziano un mancato bilanciamento di materie prime nella alimentazione casalinga.
“Per analizzare i risultati della nostra indagine, bisogna partire dal presupposto che nell’arco di un decennio è radicalmente cambiato il comportamento alimentare della nostra società e non poteva andare diversamente per i proprietari di cani e gatti – ha dichiarato Marco Melosi, presidente Anmvi – l’accelerazione dei ritmi di vita non ha frenato la presenza di cani e gatti nelle famiglie, anzi la presenza di un animale d’affezione si è rivelata un potente compensativo emotivo sia in campo sociale che familiare. Conciliare i tempi di vita con la gestione alimentare del cane e del gatto di casa è oggi in gran parte possibile grazie allo sviluppo dei cibi preconfezionati. Vale anche per gli anziani, che grazie alla disponibilità sul mercato di preparati alimentari specifici per i pet sono agevolati nell’accudimento. Tutto questo – conclude il presidente Anmvi – richiede sforzi culturali soprattutto ai medici veterinari che devono essere formati, informati e aggiornati sull’alimentazione e anche sul mercato della nutrizione animale se vogliono svolgere al meglio la loro missione di Salute e benessere per 14 milioni di cani e gatti”.